foto giardini irreali benefit Blackout 25-4-2010
12 ore di informazione, cibo, alcool, teatro e non solo
striscione
..e non doveva neppure svolgersi!!!
Per non disturbare nè turbare i pellegrini accorsi ad ingrassare le tasche dei paladini del liberticidio: stato e chiesa.
Alle 13, infatti, la situazione era surreale: nella piazzetta
antistante il FENIX (giardini irreali, corso san maurizio angolo via
rossini), bloccando ogni via d’accesso, non graditi ed auto-invitati
stazionavano 3 camionette di polizia, 2 camionette e 4 pattuglie di
carabinieri, 40 agenti schierati, solito gruppone di digos, oltre
naturalmente ad altri mezzi e uomini sparsi a ‘proteggere’ i pellegrini
in processione verso piazza castello.
In dieci minuti, sotto gli sguardi torvi e rabbiosi di questi loschi figuri, viene montato tutto: distribuzioni, griglia, bar.
Pian piano e rammaricate le forze del disordine si allontanano un po’,
restano comunque una pattuglia lato via rossini e una camionetta su
corso san maurizio a bloccare i passaggi, dando prova di grande
stupidità ed inettitudine, tra ordini, rettifiche e manovre insensate
(la pattuglia su via rossini si è mossa almeno CINQUE volte avanti e
indietro di pochi metri, tornando sempre allo stesso posto, con 8-10
uomini appoggiati sopra – e ben chiusa con l’antifurto). L’intera zona
è stata presidiata da uno spiegamento spropositato di papponi
lautamente pagati da denaro pubblico, sfoggiando bassezze culturali
anche verso i propri simili, sintetizzate dal romanaccio ‘aho bella
vièqquà n’attimo’ rivolto da un poliziotto ad una carabiniera (che di
bella aveva ben poco). Attorno alle 23, provati da 10 ore di cazzeggio
più totale ed ira repressa, i mercenari dalle narici intasate hanno
ridotto l’inquinamento visivo privandoci della loro presenza, soltanto
una pattuglia di digos stoicamente resisteva fino alla conclusione,
avvenuta intorno all’una e mezza.
LE ANARCHICHE E GLI ANARCHICI, invece, in questa giornata
all’insegna dell’antifascismo, anticlericale, libertaria e festosa,
hanno snobbato la scomoda presenza dedicandosi ad occupazioni ben più
importanti: distribuiti migliaia di volantini, presenti le distro di
FENIX, Radio BlackOut, centro documentazione ‘Il Porfido’, federazione
anarchica torinese.
L’intera giornata era inoltre benefit Radio BlackOut, e senza dubbio
l’aspetto economico ha superato le più rosee previsioni, esaurite
diverse centinaia di litri di alcolici e migliaia di panini, tutto
naturalmente a prezzi popolari.
Sono stati letti alcuni comunicati (ne trovate uno sotto) e si è
svolto un breve spettacolo teatrale, azzeccata rivisitazione della
fiaba di cappuccetto rosso, col lupo ratzinger che agisce indisturbato
ed il cacciatore padoin a tutelarlo.
Seguono foto e volantino letto e distribuito a migliaia di passanti/curiosi/automobilisti
Si replica sabato 1 primo maggio dopo la Sacra Processione Anticlericale al corteo dei lavoratori
folla festosa
Fotocronaca della giornata
12 ore di musica non convenzionale
specchio semantico
scenografia della fiaba
festa fino a notte
la fiaba dei puffi non era prevista
Il 25 aprile del 1945 tutta l’Italia si fermò per
celebrare la fine del ventennio fascista e con esso la fine di una
sciagurata stagione politica contrassegnata da una feroce e sanguinosa
dittatura. Ma nelle speranze di coloro che contribuirono attivamente
per contrastare il regime, la fine del ventennio avrebbe dovuto
coincindere con l’inizio di una nuova era, un’epoca all’insegna di
un’inedita pace tra i popoli.
Ad animare la resistenza infatti furono tutti quegli uomini
che preferirono il carcere, il confino di polizia, l’esilio alla
sottomissione; tutti quegli uomini che per oltre vent’anni non dettero
tregua al fascismo e lo combatterono ovunque fosse stato possibile
(pensiamo ai giovani disertori e agli stessi anarchici che la
resistenza la iniziarono già negli anni venti con Lucetti – famoso per
le sue bombe contro il duce – e in particolare con gli Arditi del
Popolo, unica forma di resistenza organizzata contro le squadracce
fasciste).
Questi uomini lo facevano spinti dalle grandi idealità storiche attive nelle loro coscienze.
Oggi, a distanza di 65 anni anni da quella data, la
sensazione che si ricava volgendo lo sguardo alla situazione
complessiva è quella di un tradimento totale rispetto a chi scelse la
lotta armata in vista di un mondo migliore.
Il paese in cui viviamo è la dimostrazione più lampante delle
contraddizioni e dei limiti insiti in qualsiasi forma di democrazia.
Dietro alle false promesse di un bipolarismo di facciata, il sistema
democratico rivela il suo autentico volto: un paese dove le storiche
contrapposizioni ideologiche sono state progressivamente sacrificate
sull’altare di un populismo senza ritorno, una corsa all’ultimo voto
dove il razzismo più bieco e l’intolleranza verso il diverso diventano
la chiave del consenso.
Ora per capire come sia stato possibile creare una simile
situazione e quali fattori abbiano contribuito a determinarla è forse
necessario analizzare alcuni accadimenti che si sono verificati subito
dopo la fine della resistenza. In quei giorni i rappresentanti della
vecchia classe dirigente (responsabili della guerra e della miseria
conseguente) seppur sconfitti riuscirono con grande accortezza
diplomatica a riconquistare lo scettro dell’antico potere (basta
ricordare che nelle questure i dirigenti di polizia rimasero pressochè
gli stessi del ventennio). Ebbero dalla loro gli equilibrismi e i
compromessi del potere ma soprattutto un insperato connubio tra
partiti, sindacati e padroni.
In quei giorni vi furono molti che non insorsero, che non si
ribellarono ma che seppero immediatamente ricollocarsi nei quadri alti
del potere. Costoro per interi decenni hanno lavorato a mistificare i
pensieri e le azioni di quanti invece si sacrificarono allora.
In questa versione edulcorata la guerra partigiana non è più la lotta
di un popolo alla macchia ma il riscatto di una nazione in armi, il
partigiano non sarebbe perciò insorto per una scelta morale ma per amor
di patria o per la gloria e la vittoria di un partito.
Risulta in questo senso altrettanto fuorviante il
parallelismo storico tra il primo e il secondo risorgimento, risultato
di una interpretazione storica che mira a preservare il potere nelle
sue fondamenta.
Nella rievocazione reiterata e densa di retorica che ormai caratterizza
il 25 aprile vi ritroviamo infatti tutta l’ipocrisia e l’ambiguità di
un sistema statale che può mantenersi in piedi soltanto attraverso la
menzogna e l’annientamento sistematico dell’individuo.
Per noi libertari l’importanza del 25 aprile è invece legata
alla consapevolezza che l’avvento di una qualsiasi forma di governo
manterrà sempre in moto la macchina statale dell’inganno storico: gli
eserciti, la guerra, lo sfruttamento e la galera.
Contro la dittatura democratica. Torino Squatter, anarchici e libertari